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La Rubrica Family Business di IREFI

Di Diane de Ferron

L’impresa familiare può essere un acceleratore di emancipazione per le donne?

Anche se le donne avevano lavorato nei campi per secoli, fu in Francia solo nel 1907 con lo sviluppo dell’industria che poterono finalmente guadagnare un salario, con il permesso del marito. Il bisogno di manodopera durante le due guerre mondiali portò le donne a contribuire all’economia. Tuttavia, solo nel 1965 è stato dato loro il diritto di aprire un conto in banca e la possibilità di lavorare senza il permesso del marito. Nel 1972, la legge ha stabilito che “uguale paga per lavoro di uguale valore“. Nonostante questo grande principio stabilito quasi cinquant’anni fa, il divario salariale è ancora del 16,8% a scapito delle donne.

Quali sono le possibilità per le donne nelle imprese familiari? Queste imprese promuovono la loro emancipazione o sono al contrario messe da parte o mantenute nei ruoli più tradizionali? A mia conoscenza, non esiste uno studio qualitativo su questa questione, ma la mia esperienza di accompagnamento di molte famiglie imprenditoriali in Europa mi ha permesso di osservare modelli organizzativi molto diversi, persino opposti.

All’interno dell’impresa familiare, le donne possono giocare ruoli diversi, che vanno dalla donna in secondo piano alla leader della dinamica familiare, dalla donna manager alla donna stratega.

Per quanto riguarda quest’ultimo ruolo, possiamo vedere che la legge Copé-Zimmerman in Francia, che mirava a raggiungere una sudivisione del 40%-60% tra i generi nei consigli di amministrazione entro il 2017 (per le aziende con più di 500 dipendenti e un fatturato superiore a 50 milioni), è stata applicata nei grandi gruppi. D’altra parte, i consigli di amministrazione delle PMI, l’83% delle quali sono a conduzione familiare, hanno ancora solo il 22% di donne invece del 40% previsto. Inoltre, le sanzioni previste non vengono applicate. Ci sara una resistenza culturale in questo caso?

Ancora oggi troviamo imprese familiari in cui i discendenti delle donne azioniste che hanno avuto meno azioni rispetto agli uomini, esprimono la loro frustrazione per la mancanza di equità tra i rami della famiglia, in cui le figlie vengono messe da parte per far posto al figlio che è considerato l’unico in grado di prendere in mano l’azienda. Ma ci sono anche meravigliose trasmissioni tra padri e figlie, dove la differenza di genere forse facilita il passaggio da una generazione all’altra.

Per quanto riguarda le differenze salariali, mi è stata data l’opportunità di animare una riunione tra gli azionisti di una famiglia, dove la nuova generazione ha espresso e scolpito nel marmo il “mai più”:  un modo per applicare di fatto la parità salariale all’interno dell’azienda, quando altri gruppi avanzano timidamente sulla questione.

Quindi sì, l’impresa familiare può anche essere un acceleratore di emancipazione per le donne quando  deve preparare la sua trasmissione e vedere a lungo termine. Ma per fare questo, deve osare affrontare gli argomenti che causano problemi.

 

Diane de Ferron

Consulente Aziendale Familiare – Coach

Responsabile Family Business d’IREFI

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