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Attrattività degli investimenti in Europa. Le prospettive di Francia ed Italia

Obiettivi.

Scopo di questa analisi, che si basa sui risultati dell’indagine annuale di EY sull’attrattività dell’Europa per gli investimenti, relativa in questo caso al 2021, è quella di situare con maggiore precisione le prospettive di Francia ed Italia nel quadro dello sviluppo europeo dei prossimi anni, individuando i rispettivi punti di forza e le eventuali debolezze e soprattutto il modo in cui la collaborazione tra i due paesi può arrivare a migliorare le rispettive performances, in una prospettiva di contributo all’area europea presa nel suo complesso. Si tratta di un ulteriore contributo che IREFI intende dare sul terreno dell’interculturalità franco-italiana, basandosi su dati oggettivi e misurabili, fornendo al tempo stesso un’idea operativa alle indicazioni che il Trattato del Quirinale si è premurato di fornire a favore dello sviluppo della collaborazione tra Francia ed Italia, ed un’ulteriore occasione di approfondimento e dibattito all’interno della comunità che lo sostiene.

Situazione e tendenze del 2021.

In assoluto nel 2021 ci sono stati 5877 progetti di IDE in Europa (con incremento del 5% rispetto all’anno precedente) e di questi il 25% è comunque sopravvissuto dopo Marzo 2022. Si tratta di un numero inferiore dell’8% al 2019 (6412 progetti) e del 12% inferiore al 2017 che fu un anno record per gli investimenti diretti (6653 progetti).
Gli investimenti esteri industriali, che nello specifico comprendono progetti manifatturieri, logistici e di R&S, hanno registrato una ripresa del 22% a 3.037 progetti nel 2021, dopo un anno particolarmente difficile nel 2020. Ciò è dovuto in parte alla riorganizzazione della catena di fornitura, (Supply Chain) che sembra destinata a continuare: il 53% delle aziende intervistate nell’indagine EY sta prendendo in considerazione il nearshoring, ossia operazioni più vicine ai clienti, più del doppio rispetto al 23% che l’anno scorso aveva preso in considerazione questa possibilità. Parallelamente, il 43% sta prendendo in considerazione l’ipotesi di riportare l’attività di reshoring nel proprio mercato nazionale, rispetto al 20% dello scorso anno. Per contro, il passaggio al lavoro a distanza ha causato il fatto che gli IDE nel settore dei servizi sono diminuiti. Ad esempio, le imprese hanno annunciato il 25% in meno di uffici di vendita e marketing nel 2021. Ciò è dovuto in parte perché le aziende hanno messo in pausa gli investimenti in uffici mentre valutano l’impatto del lavoro ibrido sulle loro esigenze immobiliari. In alcune circostanze, il lavoro ibrido può consentire alle aziende di soddisfare le loro ambizioni di espansione attraverso gli uffici esistenti.
Fra tutti il settore manifatturiero è quello che ha fatto registrare la maggiore crescita rispetto l’anno precedente a livello di investimenti, seguito da quelli sugli Head Quarters stabiliti in Europa, dai Centri di Servizi condivisi, Logistica e R&D. Segno negativo per Business Services e Sales & Marketing:

Manifattura

+ 32% ( da 1320 a 1769 )

Head Quarters

+ 12 % ( da 364 a 408 )

Centri Servizi in condivisione

+ 11% ( da 55 a 61 )

Logistica

+ 10 % ( da 595 a 655 )

R&D

+ 7% ( da 574 a 613 )

Business Services

– 1% ( da 1176 a 1167 )

Sales & Marketing

– 25% ( da 1329 a 992 )

L’impatto del 2022.

Questi dati vanno considerati alla luce di quanto accaduto poi a partire da Marzo 2022 con le conseguenze della Guerra in Ucraina che ha fatto scendere drasticamente la percezione della sicurezza degli investimenti in Europa. Se prima del 1 Marzo la previsione di attrattività del continente e di una sua evoluzione positiva nei successivi tre anni era, all’interno degli executives coinvolti nell’inchiesta, del’88%, dopo il 15 Marzo è scesa al 36% (ma solo il 19% è convinto che la situazione peggiorerà).
L’impatto della guerra in Ucraina varierà in tutta l’UE. La Germania e l’Italia saranno direttamente colpite a causa della loro dipendenza dall’energia russa. Gli Stati baltici e Cipro saranno colpiti a causa del loro maggiore volume di scambi con la Russia. Nel frattempo, Polonia, Slovacchia e Ungheria hanno già sperimentato grandi afflussi di rifugiati, che hanno creato sfide sociali. Al contrario, l’Europa meridionale, l’Irlanda e Francia e Benelux rimarranno relativamente poco colpite, ma sicuramente non saranno al riparo dai rischi connessi alla crescita dell’inflazione. Qualora infatti le banche centrali aumentassero i tassi di interesse per contenere la pressione inflazionistica, le imprese potrebbero avere maggiori difficoltà a finanziare gli investimenti esteri, il che potrebbe far ulteriormente diminuire il numero di progetti di investimento diretto in tutta l’Eurozona.
Nel complesso, e nonostante l’impatto combinato del COVID19 prima e della Guerra in Ucraina poi, l’attrattività dell’Europa a livello di investimenti rimane alta, nonostante una momentanea perdita di confidenza che però non potrà inficiare una tradizione di manodopera qualificata, una storia di scoperte scientifiche e il più grande mercato di consumo al mondo. Ancora il 60% degli executives interpellati considera l’Europa Occidentale come il miglior mercato per stabilire le proprie operazioni, davanti anche al Nord America.
L’Europa, come risultato degli eventi di questi ultimi anni, si sta in ogni caso concentrando sempre più sulla propria autonomia strategica. Questo sta portando investimenti locali in alcuni settori mirati, come i semiconduttori, la salute e le rinnovabili.
Localizzazione degli investimenti (Attrattività/Paese).
Se nel 2020 Francia, UK e Germania erano di fatto allo stesso livello nella capacità di attrarre investimenti, la situazione nel 2021 si è molto diversificata, con la crescita del 24% della Francia, cui ha fatto da controcanto la stabilità dell’UK (+ 2%) e la decrescita della Germania (-10 %). La crescita percentuale maggiore l’ha fatta registrare l’Italia con l’83% che però partiva da una situazione molto debole, mentre in segno nettamente positivo sono risultati anche Portogallo, Turchia, Austria e Finlandia, mentre hanno seguito la Germania nella performance negativa Polonia, Olanda e Russia.
Nel dettaglio questa è la situazione dal 2020 al 2021.

FRANCIA da 985 a 1.222 progetti + 24% per una quota di FDI complessiva pari al 21%
UK da 975 a 993 progetti + 2%  per una quota di FDI complessiva pari al 17%
GERMANIA da 930 a 841 progetti – 10% per una quota di FDI complessiva pari al 14%
SPAGNA           da 354 a 361 progetti + 2%  per una quota di FDI complessiva pari al   6%
TURCHIA         da 208 a 264 progetti + 27% per una quota di FDI complessiva pari al  4%
BELGIO            da 227 a 245 progetti +  8%  per una quota di FDI complessiva pari al  4%
ITALIA             da 113 a 207 progetti + 83% per una quota di FDI complessiva pari  al 4%
PORTOGALLO     da   154 a 200 progetti + 30% per una quota di FDI complessiva pari al 3%
POLONIA da 219 a 193 progetti –12% per una quota di FDI complessiva pari  al 3%
IRLANDA da 165 a 152 progetti – 8% per una quota di FDI complessiva pari al 3%
OLANDA da  193 a 151 progetti –22% per una quota di FDI complessiva pari al 3%
FINLANDIA     da  92 a 124 progetti + 35% per una quota di FDI complessiva pari al 2%
AUSTRIA          da  76  a 103 progetti + 36% per una quota di FDI complessiva pari al 2%
RUSSIA da 141 a 101 progetti –28% per una quota di FDI complessiva pari al 2%
UNGHERIA      da 48 a 76 progetti + 58% per una quota di FDI complessiva pari all’1%

Se poi andiamo a misurare il livello di attrattività delle grandi città Europee per i prossimi tre anni, i dati raccolti confermano le tendenze che emergono dallo schema precedente:

LONDRA 34% -11 % rispetto al 2021
PARIGI 28% +10% rispetto al 2021
FRANCOFORTE 21% – 2% rispetto al 2021
DUBLINO 17% +11% rispetto al 2021
BRUXELLES 15% – 7% rispetto al 2021
ROMA 15% +11% rispetto al 2021
MANCHESTER 13% +10% rispetto al 2021
AMSTERDAM 12% – 3% rispetto al 2021
MADRID 12% + 9% rispetto al 2021
BARCELLONA 11% + 6% rispetto al 2021

Francia.

Le basi per la rapida ripresa della Francia erano state gettate molti anni fa, con una serie di riforme favorevoli alle imprese che hanno migliorato l’attrattiva del Paese nel lungo periodo, dopo una fase di investimenti particolarmente scarsa tra il 2005 ed il 2015.


In particolare per l’attrazione di investimenti è stata premiante la strategia di creare dei veri e propri ecosistemi di Start Up ed Aziende nel settore dell’innovazione tecnologica in determinate aree, che hanno conosciuto un notevole sviluppo e possono contare su un numero importante di investimenti provenienti dal sistema finanziario internazionale.


Nello specifico, nel primo semestre 2022 sono state le società di Software e di Servizi informatici che hanno raccolto fondi per 2.233 Milioni di Euro attraverso 100 operazioni (l’anno precedente, nello stesso semestre, la raccolta era stata di 390 Milioni divisi su 38 operazioni), seguite da quelle del settore Fintech con 2.025 Milioni di Euro divisi su 58 operazioni (l’anno precedente 1.085 Milioni di Euro divisi su 44 operazioni), e da quello dei Servizi Internet con 1.703 Milioni di Euro divisi su 76 operazioni (l’anno precedente 2.387 Milioni di Euro divisi su 191 operazioni), in calo rispetto all’anno precedente, sul dato semestrale. In salita invece il settore del Cleantech con 926 Milioni divisi su 34 operazioni (l’anno precedente 215 Milioni divisi su 27 operazioni).


La Regione leader di questi ecosistemi tecnologici è senza dubbio l’Ile de France che ha raccolto al suo interno fondi per 6.703 Milioni di Euro divisi su 241 operazioni (il primo semestre del 2021 erano stati 4.177 Milioni di Euro divisi su 240 operazioni), seguita dall’Hauts-de-France con 392 Milioni di Euro divisi su 13 operazioni (il primo semestre del 2021 erano stati 58 Milioni divisi su 19 operazioni) e dalla Nouvelle Aquitaine con 299 Milioni di Euro divisi su 17 operazioni (il primo semestre del 2021 erano stati 123 Milioni divisi su 20 operazioni ). Rilevante anche la posizione di Provence-Alpes-Cote d’Azur con 296 Milioni di Euro divisi su 18 operazioni (il primo semestre del 2021 erano stati 115 Milioni divisi su 28 operazioni).
Italia.


Paesi dell’Europa meridionale come l’Italia (+83%), Portogallo (+30%) e la Turchia (+27%) hanno registrato un forte aumento del numero di progetti di IDE grazie al reshoring e al nearshoring delle catene di fornitura globali. Questi Paesi sono attraenti per il reshoring e il nearshoring del settore manifatturiero perché il costo del lavoro rimane inferiore alla media dell’UE. Il quintuplicarsi dei costi di trasporto rende inoltre alcune destinazioni europee molto più competitive di prima.

Il dato relativo all’Italia, anche se di grande crescita, mette piuttosto in evidenza la precedente scarsa attrattività, se si considera che la quota attuale di FDI si pone al 4% del totale, al livello della Turchia e dietro la Spagna, e dovrebbe quantomeno triplicare per avvicinare la Germania e porsi al livello delle altre economie trainanti dell’area Europea.

A questo aggiungiamo che nei settori tecnologici più avanzati, differentemente dalla Francia, con cui il Trattato del Quirinale indica percorsi comuni di Sviluppo economico, esprimiamo solo due Unicorni, ossia Start Up del settore innovazione capace di superare il Miliardo di fatturato (si tratta di YOOX e DEPOP) mentre la Francia, all’interno dei suoi ecosistemi ne ha prodotte 7 nuove nel solo primo semestre 2022 ( ANKORSTORE, ECOVADIS, EXOTEC SOLUTIONS, NW GROUP, PAYFIT, QONTO, e SPENDESK ) e può contare in un numero totale di 25 Unicorni ( di cui 10 solo nel settore Fintech ).

La coscienza di quello che c’è da fare a livello di attrazione del capitale straniero è comunque in crescita in Italia se si considera che il MISE ha recentemente predisposto una segreteria tecnica a supporto del Comitato interministeriale per l’attrazione degli investimenti esteri, in attuazione a quanto previsto nel decreto legge aiuti.

A questo organismo sono attribuiti compiti inerenti alla ricognizione di potenziali investitori strategici esteri, l’elaborazione di proposte di investimento e di strategie di offerta settoriale, l’implementazione di banche dati, la creazione di uno ‘sportello unico’ che accompagni e supporti gli investitori esteri in tutti gli adempimenti e le pratiche necessarie ai fini della concreta realizzazione dell’investimento in Italia. L’obiettivo della nuova struttura è di individuare potenziali investitori, facilitando gli investimenti nel nostro Paese favorendo la collaborazione con gli strumenti messi in campo dall’ICE e Invitalia, adoperandosi al contempo per superare eventuali lungaggini burocratiche attraverso il nuovo meccanismo di fast track e di fronteggiare il fenomeno delle delocalizzazioni.

Oltre a questa azione a livello centrale ci sono da considerare alcune iniziative a livello regionale che tendono a creare, sul modello francese dei veri e propri eco-sistemi dedicati all’innovazione ed alla transizione energetica come le Hydrogen Valley italiane in Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte, Puglia e Umbria. Queste regioni hanno scelto la realizzazione di siti di produzione di idrogeno verde in aree industriali dismesse come propria progettualità da finanziare con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr).

Con la firma del protocollo di collaborazione tra le cinque regioni e la Presidenza del Consiglio, il dipartimento per gli affari regionali e le autonomie (Dara) e il ministero della transizione ecologica (Mite), in quanto competente della materia di sostenibilità i rispettivi progetti sono stati messi in cantiere con l’obiettivo di entrare a regime entro il 2026.

Prospettive

L’attrattività dell’area europea in termini di investimenti in prospettiva futura, secondo gli executives intervistati, sembra dipendere da 5 punti:

Investimenti Digitali
Attenzione alla sostenibilità
Creazione di nuove professionalità
Flessibilità delle tasse e pragmatismo
Sostegno allo sviluppo delle PMI


I settori trainanti della crescita europea saranno invece (due scelte):

Economia Digitale 45%
Cleantech e rinnovabili 35%
Scienze della salute e Benessere 28%
Business Services 19%
Automotive e Mobilità 19%
Financial Services 18%
Consumer Industry incluso Agri-Food 16%
Energia e Utilities 10%
Real Estate e costruzioni 10%

Questi dati, mettono da una parte in evidenza la correttezza della strategia francese molto focalizzata sugli Investimenti digitali, le FinTech e le CleanTech, e con un settore Pharma molto sviluppato, ed estremamente sensibile ai problemi della transizione energetica e della sostenibilità, dall’altra le potenzialità dell’Italia, molto forte a livello di PMI, altrettanto focalizzata sui problemi della sostenibilità, ed a sua volta con un settore Pharma di buon livello.

In entrambi i paesi sembra necessario un approccio più flessibile al problema della tassazione, e una politica comune su Energia, Trasporti ed Innovazione, sulla base delle indicazioni provenienti dal Trattato del Quirinale.

Situazione attuale a livello di FDI dell’Italia rispetto ai primi tre paesi della classifica 2021.

        Settori Principali Attività principali Investitori
FRANCIA 1222 progetti     + 24%
  • Software and IT Services
  • Transportation manufacturers    
  • Business Services     
  • Manufacturing
  • Business Services
  • R&D
  • USA
  • GERMANIA
  • BELGIO
UK 993 progetti + 2%
  • Software and IT Services
  • Business Services
  • Finance and Transportation manufacturers
  • Business Services                      
  • Sales Marketing
  • Manufacturing                          
  • USA
  • INDIA
  • FRANCIA
GERMANIA 841 progetti      -10%             
  • Software and IT Services
  • Business Services
  • Transportation manufacturers

 

  • Sales Marketing
  • Business Services
  • Logistics                                           
  • USA
  • CINA
  • UK
ITALIA 207 progetti + 83%
  • Software and IT Services                       
  • Transportation and Logistics
  • Business Services
  • Sales Marketing                          
  • Logistics
  • Manufacturing
  • USA        
  • GERMANIA
  • FRANCIA

L’Italia deve continuare nelle politiche di crescita nell’attrazione dei FDI che, nel suo caso significa anche definire una politica industriale che sia omogenea con quella di Francia e Germania, di gran lunga i paesi con cui è più alto l’interscambio commerciale, ed una politica di riforme legata ai PNRR.
Tutto questo nell’ottica di una comune prospettiva di un’Europa percepita come mercato affidabile e rivolto all’innovazione.

Obiettivi.

Scopo di questa analisi, che si basa sui risultati dell’indagine annuale di EY sull’attrattività dell’Europa per gli investimenti, relativa in questo caso al 2021, è quella di situare con maggiore precisione le prospettive di Francia ed Italia nel quadro dello sviluppo europeo dei prossimi anni, individuando i rispettivi punti di forza e le eventuali debolezze e soprattutto il modo in cui la collaborazione tra i due paesi può arrivare a migliorare le rispettive performances, in una prospettiva di contributo all’area europea presa nel suo complesso. Si tratta di un ulteriore contributo che IREFI intende dare sul terreno dell’interculturalità franco-italiana, basandosi su dati oggettivi e misurabili, fornendo al tempo stesso un’idea operativa alle indicazioni che il Trattato del Quirinale si è premurato di fornire a favore dello sviluppo della collaborazione tra Francia ed Italia, ed un’ulteriore occasione di approfondimento e dibattito all’interno della comunità che lo sostiene.

Situazione e tendenze del 2021.

In assoluto nel 2021 ci sono stati 5877 progetti di IDE in Europa (con incremento del 5% rispetto all’anno precedente) e di questi il 25% è comunque sopravvissuto dopo Marzo 2022. Si tratta di un numero inferiore dell’8% al 2019 (6412 progetti) e del 12% inferiore al 2017 che fu un anno record per gli investimenti diretti (6653 progetti).
Gli investimenti esteri industriali, che nello specifico comprendono progetti manifatturieri, logistici e di R&S, hanno registrato una ripresa del 22% a 3.037 progetti nel 2021, dopo un anno particolarmente difficile nel 2020. Ciò è dovuto in parte alla riorganizzazione della catena di fornitura, (Supply Chain) che sembra destinata a continuare: il 53% delle aziende intervistate nell’indagine EY sta prendendo in considerazione il nearshoring, ossia operazioni più vicine ai clienti, più del doppio rispetto al 23% che l’anno scorso aveva preso in considerazione questa possibilità. Parallelamente, il 43% sta prendendo in considerazione l’ipotesi di riportare l’attività di reshoring nel proprio mercato nazionale, rispetto al 20% dello scorso anno. Per contro, il passaggio al lavoro a distanza ha causato il fatto che gli IDE nel settore dei servizi sono diminuiti. Ad esempio, le imprese hanno annunciato il 25% in meno di uffici di vendita e marketing nel 2021. Ciò è dovuto in parte perché le aziende hanno messo in pausa gli investimenti in uffici mentre valutano l’impatto del lavoro ibrido sulle loro esigenze immobiliari. In alcune circostanze, il lavoro ibrido può consentire alle aziende di soddisfare le loro ambizioni di espansione attraverso gli uffici esistenti.
Fra tutti il settore manifatturiero è quello che ha fatto registrare la maggiore crescita rispetto l’anno precedente a livello di investimenti, seguito da quelli sugli Head Quarters stabiliti in Europa, dai Centri di Servizi condivisi, Logistica e R&D. Segno negativo per Business Services e Sales & Marketing:

Manifattura

+ 32% ( da 1320 a 1769 )

Head Quarters

+ 12 % ( da 364 a 408 )

Centri Servizi in condivisione

+ 11% ( da 55 a 61 )

Logistica

+ 10 % ( da 595 a 655 )

R&D

+ 7% ( da 574 a 613 )

Business Services

– 1% ( da 1176 a 1167 )

Sales & Marketing

– 25% ( da 1329 a 992 )

L’impatto del 2022.

Questi dati vanno considerati alla luce di quanto accaduto poi a partire da Marzo 2022 con le conseguenze della Guerra in Ucraina che ha fatto scendere drasticamente la percezione della sicurezza degli investimenti in Europa. Se prima del 1 Marzo la previsione di attrattività del continente e di una sua evoluzione positiva nei successivi tre anni era, all’interno degli executives coinvolti nell’inchiesta, del’88%, dopo il 15 Marzo è scesa al 36% (ma solo il 19% è convinto che la situazione peggiorerà).
L’impatto della guerra in Ucraina varierà in tutta l’UE. La Germania e l’Italia saranno direttamente colpite a causa della loro dipendenza dall’energia russa. Gli Stati baltici e Cipro saranno colpiti a causa del loro maggiore volume di scambi con la Russia. Nel frattempo, Polonia, Slovacchia e Ungheria hanno già sperimentato grandi afflussi di rifugiati, che hanno creato sfide sociali. Al contrario, l’Europa meridionale, l’Irlanda e Francia e Benelux rimarranno relativamente poco colpite, ma sicuramente non saranno al riparo dai rischi connessi alla crescita dell’inflazione. Qualora infatti le banche centrali aumentassero i tassi di interesse per contenere la pressione inflazionistica, le imprese potrebbero avere maggiori difficoltà a finanziare gli investimenti esteri, il che potrebbe far ulteriormente diminuire il numero di progetti di investimento diretto in tutta l’Eurozona.
Nel complesso, e nonostante l’impatto combinato del COVID19 prima e della Guerra in Ucraina poi, l’attrattività dell’Europa a livello di investimenti rimane alta, nonostante una momentanea perdita di confidenza che però non potrà inficiare una tradizione di manodopera qualificata, una storia di scoperte scientifiche e il più grande mercato di consumo al mondo. Ancora il 60% degli executives interpellati considera l’Europa Occidentale come il miglior mercato per stabilire le proprie operazioni, davanti anche al Nord America.
L’Europa, come risultato degli eventi di questi ultimi anni, si sta in ogni caso concentrando sempre più sulla propria autonomia strategica. Questo sta portando investimenti locali in alcuni settori mirati, come i semiconduttori, la salute e le rinnovabili.
Localizzazione degli investimenti (Attrattività/Paese).
Se nel 2020 Francia, UK e Germania erano di fatto allo stesso livello nella capacità di attrarre investimenti, la situazione nel 2021 si è molto diversificata, con la crescita del 24% della Francia, cui ha fatto da controcanto la stabilità dell’UK (+ 2%) e la decrescita della Germania (-10 %). La crescita percentuale maggiore l’ha fatta registrare l’Italia con l’83% che però partiva da una situazione molto debole, mentre in segno nettamente positivo sono risultati anche Portogallo, Turchia, Austria e Finlandia, mentre hanno seguito la Germania nella performance negativa Polonia, Olanda e Russia.
Nel dettaglio questa è la situazione dal 2020 al 2021.

FRANCIA

da 985 a 1.222 progetti

+ 24% per una quota di FDI complessiva pari al 21%

UK

da 975 a 993 progetti

+ 2%  per una quota di FDI complessiva pari al 17%

GERMANIA

da 930 a 841 progetti

– 10% per una quota di FDI complessiva pari al 14%

SPAGNA          

da 354 a 361 progetti

+ 2%  per una quota di FDI complessiva pari al   6%

TURCHIA        

da 208 a 264 progetti

+ 27% per una quota di FDI complessiva pari al  4%

BELGIO           

da 227 a 245 progetti

+  8%  per una quota di FDI complessiva pari al  4%

ITALIA            

da 113 a 207 progetti

+ 83% per una quota di FDI complessiva pari  al 4%

PORTOGALLO    

da   154 a 200 progetti

+ 30% per una quota di FDI complessiva pari al 3%

POLONIA

da 219 a 193 progetti

–12% per una quota di FDI complessiva pari  al 3%

IRLANDA

da 165 a 152 progetti

– 8% per una quota di FDI complessiva pari al 3%

OLANDA

da  193 a 151 progetti

–22% per una quota di FDI complessiva pari al 3%

FINLANDIA    

da  92 a 124 progetti

+ 35% per una quota di FDI complessiva pari al 2%

AUSTRIA         

da  76  a 103 progetti

+ 36% per una quota di FDI complessiva pari al 2%

RUSSIA

da 141 a 101 progetti

–28% per una quota di FDI complessiva pari al 2%

UNGHERIA     

da 48 a 76 progetti

+ 58% per una quota di FDI complessiva pari all’1%

Se poi andiamo a misurare il livello di attrattività delle grandi città Europee per i prossimi tre anni, i dati raccolti confermano le tendenze che emergono dallo schema precedente:

LONDRA

34%

-11 % rispetto al 2021

PARIGI

28%

+10% rispetto al 2021

FRANCOFORTE

21%

– 2% rispetto al 2021

DUBLINO

17%

+11% rispetto al 2021

BRUXELLES

15%

– 7% rispetto al 2021

ROMA

15%

+11% rispetto al 2021

MANCHESTER

13%

+10% rispetto al 2021

AMSTERDAM

12%

– 3% rispetto al 2021

MADRID

12%

+ 9% rispetto al 2021

BARCELLONA

11%

+ 6% rispetto al 2021

Francia.
Le basi per la rapida ripresa della Francia erano state gettate molti anni fa, con una serie di riforme favorevoli alle imprese che hanno migliorato l’attrattiva del Paese nel lungo periodo, dopo una fase di investimenti particolarmente scarsa tra il 2005 ed il 2015.
In particolare per l’attrazione di investimenti è stata premiante la strategia di creare dei veri e propri ecosistemi di Start Up ed Aziende nel settore dell’innovazione tecnologica in determinate aree, che hanno conosciuto un notevole sviluppo e possono contare su un numero importante di investimenti provenienti dal sistema finanziario internazionale.
Nello specifico, nel primo semestre 2022 sono state le società di Software e di Servizi informatici che hanno raccolto fondi per 2.233 Milioni di Euro attraverso 100 operazioni (l’anno precedente, nello stesso semestre, la raccolta era stata di 390 Milioni divisi su 38 operazioni), seguite da quelle del settore Fintech con 2.025 Milioni di Euro divisi su 58 operazioni (l’anno precedente 1.085 Milioni di Euro divisi su 44 operazioni), e da quello dei Servizi Internet con 1.703 Milioni di Euro divisi su 76 operazioni (l’anno precedente 2.387 Milioni di Euro divisi su 191 operazioni), in calo rispetto all’anno precedente, sul dato semestrale. In salita invece il settore del Cleantech con 926 Milioni divisi su 34 operazioni (l’anno precedente 215 Milioni divisi su 27 operazioni).
La Regione leader di questi ecosistemi tecnologici è senza dubbio l’Ile de France che ha raccolto al suo interno fondi per 6.703 Milioni di Euro divisi su 241 operazioni (il primo semestre del 2021 erano stati 4.177 Milioni di Euro divisi su 240 operazioni), seguita dall’Hauts-de-France con 392 Milioni di Euro divisi su 13 operazioni (il primo semestre del 2021 erano stati 58 Milioni divisi su 19 operazioni) e dalla Nouvelle Aquitaine con 299 Milioni di Euro divisi su 17 operazioni (il primo semestre del 2021 erano stati 123 Milioni divisi su 20 operazioni ). Rilevante anche la posizione di Provence-Alpes-Cote d’Azur con 296 Milioni di Euro divisi su 18 operazioni (il primo semestre del 2021 erano stati 115 Milioni divisi su 28 operazioni).
Italia.
Paesi dell’Europa meridionale come l’Italia (+83%), Portogallo (+30%) e la Turchia (+27%) hanno registrato un forte aumento del numero di progetti di IDE grazie al reshoring e al nearshoring delle catene di fornitura globali. Questi Paesi sono attraenti per il reshoring e il nearshoring del settore manifatturiero perché il costo del lavoro rimane inferiore alla media dell’UE. Il quintuplicarsi dei costi di trasporto rende inoltre alcune destinazioni europee molto più competitive di prima.
Il dato relativo all’Italia, anche se di grande crescita, mette piuttosto in evidenza la precedente scarsa attrattività, se si considera che la quota attuale di FDI si pone al 4% del totale, al livello della Turchia e dietro la Spagna, e dovrebbe quantomeno triplicare per avvicinare la Germania e porsi al livello delle altre economie trainanti dell’area Europea.
A questo aggiungiamo che nei settori tecnologici più avanzati, differentemente dalla Francia, con cui il Trattato del Quirinale indica percorsi comuni di Sviluppo economico, esprimiamo solo due Unicorni, ossia Start Up del settore innovazione capace di superare il Miliardo di fatturato (si tratta di YOOX e DEPOP) mentre la Francia, all’interno dei suoi ecosistemi ne ha prodotte 7 nuove nel solo primo semestre 2022 ( ANKORSTORE, ECOVADIS, EXOTEC SOLUTIONS, NW GROUP, PAYFIT, QONTO, e SPENDESK ) e può contare in un numero totale di 25 Unicorni ( di cui 10 solo nel settore Fintech ).
La coscienza di quello che c’è da fare a livello di attrazione del capitale straniero è comunque in crescita in Italia se si considera che il MISE ha recentemente predisposto una segreteria tecnica a supporto del Comitato interministeriale per l’attrazione degli investimenti esteri, in attuazione a quanto previsto nel decreto legge aiuti. A questo organismo sono attribuiti compiti inerenti alla ricognizione di potenziali investitori strategici esteri, l’elaborazione di proposte di investimento e di strategie di offerta settoriale, l’implementazione di banche dati, la creazione di uno ‘sportello unico’ che accompagni e supporti gli investitori esteri in tutti gli adempimenti e le pratiche necessarie ai fini della concreta realizzazione dell’investimento in Italia. L’obiettivo della nuova struttura è di individuare potenziali investitori, facilitando gli investimenti nel nostro Paese favorendo la collaborazione con gli strumenti messi in campo dall’ICE e Invitalia, adoperandosi al contempo per superare eventuali lungaggini burocratiche attraverso il nuovo meccanismo di fast track e di fronteggiare il fenomeno delle delocalizzazioni.
Oltre a questa azione a livello centrale ci sono da considerare alcune iniziative a livello regionale che tendono a creare, sul modello francese dei veri e propri eco-sistemi dedicati all’innovazione ed alla transizione energetica come le Hydrogen Valley italiane in Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte, Puglia e Umbria. Queste regioni hanno scelto la realizzazione di siti di produzione di idrogeno verde in aree industriali dismesse come propria progettualità da finanziare con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). Con la firma del protocollo di collaborazione tra le cinque regioni e la Presidenza del Consiglio, il dipartimento per gli affari regionali e le autonomie (Dara) e il ministero della transizione ecologica (Mite), in quanto competente della materia di sostenibilità i rispettivi progetti sono stati messi in cantiere con l’obiettivo di entrare a regime entro il 2026.
Prospettive
L’attrattività dell’area europea in termini di investimenti in prospettiva futura, secondo gli executives intervistati, sembra dipendere da 5 punti:
Investimenti Digitali
Attenzione alla sostenibilità
Creazione di nuove professionalità
Flessibilità delle tasse e pragmatismo
Sostegno allo sviluppo delle PMI
I settori trainanti della crescita europea saranno invece (due scelte):
Economia Digitale 45%
Cleantech e rinnovabili 35%
Scienze della salute e Benessere 28%
Business Services 19%
Automotive e Mobilità 19%
Financial Services 18%
Consumer Industry incluso Agri-Food 16%
Energia e Utilities 10%
Real Estate e costruzioni 10%
Questi dati, mettono da una parte in evidenza la correttezza della strategia francese molto focalizzata sugli Investimenti digitali, le FinTech e le CleanTech, e con un settore Pharma molto sviluppato, ed estremamente sensibile ai problemi della transizione energetica e della sostenibilità, dall’altra le potenzialità dell’Italia, molto forte a livello di PMI, altrettanto focalizzata sui problemi della sostenibilità, ed a sua volta con un settore Pharma di buon livello.
In entrambi i paesi sembra necessario un approccio più flessibile al problema della tassazione, e una politica comune su Energia, Trasporti ed Innovazione, sulla base delle indicazioni provenienti dal Trattato del Quirinale.

Situazione attuale a livello di FDI dell’Italia rispetto ai primi tre paesi della classifica 2021.

 

   

 

Settori Principali

Attività principali

Investitori

FRANCIA

1222 progetti    

+ 24%

  • Software and IT Services
  • Transportation manufacturers    
  • Business Services     
  • Manufacturing
  • Business Services
  • R&D
  • USA
  • GERMANIA
  • BELGIO

UK

993 progetti

+ 2%

  • Software and IT Services
  • Business Services
  • Finance and Transportation manufacturers
  • Business Services                      
  • Sales Marketing
  • Manufacturing                          
  • USA
  • INDIA
  • FRANCIA

GERMANIA

841 progetti     

-10%             

  • Software and IT Services
  • Business Services
  • Transportation manufacturers

 

  • Sales Marketing
  • Business Services
  • Logistics                                           
  • USA
  • CINA
  • UK

ITALIA

207 progetti

+ 83%

  • Software and IT Services                       
  • Transportation and Logistics
  • Business Services
  • Sales Marketing                          
  • Logistics
  • Manufacturing
  • USA        
  • GERMANIA
  • FRANCIA

L’Italia deve continuare nelle politiche di crescita nell’attrazione dei FDI che, nel suo caso significa anche definire una politica industriale che sia omogenea con quella di Francia e Germania, di gran lunga i paesi con cui è più alto l’interscambio commerciale, ed una politica di riforme legata ai PNRR.
Tutto questo nell’ottica di una comune prospettiva di un’Europa percepita come mercato affidabile e rivolto all’innovazione.